L’incontro con gli altri

Le relazioni pericolose

Le relazioni pericolose.

“I nostri giovani amano il lusso, hanno cattive maniere, deridon l’autorità e non hanno rispetto alcuno per l’età. In questa nostra epoca i figli sono tiranni.
Non si alzano di fronte a una persona anziana, rispondono ai genitori, sono impossibili!” (Socrate).
Di secolo in secolo tutto torna e si ripete.
Anche oggi i ragazzi parlano a voce alta, ridono in modo sguaiato, non si accorgono di nessuno intorno a loro, fanno danni, si muovono sempre a forma di barriera corallina… Tutto a noi adulti sembra eccessivo nel loro modo di proporsi nel mondo.
La questione è che non è affatto semplice guidare una Spider senza aver preso ancora la patente! Cambiamenti di voce, di forza fisica, di dimensioni corporee hanno bisogno di un tempo di apprendistato per imparare a essere usati con garbo e gentilezza.
A questo proposito forse è utile sfatare il mito del “bravo bambino” che culliamo dentro di noi.
Sentimenti quali gelosia, invidia e rabbia fanno parte del nostro bagaglio fin dal primo vagito e vanno riconosciuti e accolti con sincerità per riuscire, passo dopo passo, ad “addomesticarli”.
In questa stagione dobbiamo confrontarci con dei figli in cui tutto si muove all’insegna dell’eccesso: dentro di loro come nei rapporti con gli altri, siano essi gli amici o il resto del mondo.
Amore e odio, accettazione e disprezzo, timidezza e arroganza, vergogna ed esibizionismo sono solo alcuni esempi del livello di temperatura emotiva con cui si stanno confrontando.
Prendere in giro, disprezzare o allontanare diventano, in questo periodo, modalità tipiche per prendere le distanze da qualcosa che appartiene a loro stessi, ma che è vietato mostrar in pubblico.
Quindi entro certi limiti dobbiamo comprendere alcuni tipi di
“prepotenze” con cui si confronteranno i nostri figli.
Alcune non vuol dire tutte.
È nostro compito aiutarli a distinguere lo sgradevole incontro con l’aggressività del prossimo dalla sopraffazione dell’altro, che usa la vessazione e la violenza per ottenere visibilità.
Perché non diventino né vittime né carnefici.

Dal diario di un papà

Non capisco più niente, ho ricevuto la convocazione a scuola dall’insegnante di mio figlio.
Non indovino il senso di questo colloquio: dovrò fare i salti mortali per esserci senza avere alcuna spiegazione da parte di mio figlio sul perché mi vogliano parlare.
Non mi piace affrontare situazioni al “buio”, senza poter costruire una qualche soluzione sul problema da affrontare.
Quando arrivo vengo accolto da una faccia scura, difficile decifrarne il significato.
Mi sale un po’ di ansia.
Che cosa avrà combinato Alberto?
Resto senza parole nell’ascoltare la preoccupazione che mi viene espressa dalla coordinatrice di classe: mio figlio, ogni giorno, viene aggredito e umiliato da alcuni compagni che lo hanno eletto a capro espiatorio.
I docenti sono preoccupati, hanno più volte ripreso i “bulletti”, ma con scarsi risultati.
Alberto è sempre più isolato anche dagli altri compagni e il risultato è che si sta chiudendo sempre più in se stesso.
“Vostro figlio vi parla di questa situazione?” sono le parole
che continuano a rimbombarmi nelle orecchie mentre
saluto l’insegnante.
No! Non ha mai accennato a un disagio in classe, mai una parola su episodi di prepotenza, anzi!
Dai suoi racconti compare tutta un’altra storia, tutto un altro Alberto.
Benvoluto e ricercato, ma che preferisce i compagni di un’altra sezione perché li sente più vicini ai suoi interessi.

Le nostre emozioni

  • Mi sento confuso sul perché non ne abbia parlato a casa.
  • Sono deluso, non mi aspettavo che gestisse così la situazione.
  • Sono amareggiato dalle sue bugie, da questa finzione che ha costruito per noi.
  • Mi sembra di non conoscere più chi è mio figlio.
  • Mi sento in colpa. Sono stato così distratto dalle mie preoccupazioni da perdere di vista cosa stava succedendo a lui?”
  • Non è semplice per i nostri figli gestire un’immagine sociale “perdente”.
  • Spesso i sentimenti che prevalgono sono il senso di inadeguatezza e il senso di colpa per essere deludenti anche agli occhi della famiglia.

Che cosa fare?

  • Cerco di mettermi nei suoi panni. Avverto il disagio che prova nel sentirsi incapace di difendersi.
  • Capisco che una parte di lui pensa di meritare quello che succede.
  • La sua timidezza è sempre stata un ostacolo nei rapporti con gli altri, questo non l’aiuterà a sentirsi all’altezza della situazione.
    Il suo aspetto è ancora quello di un bambino, non è cresciuto abbastanza rispetto ai compagni e forse può soffrire di questa sua diversità.
    Posso parlare con lu e aiutarlo a capire se queste emozioni che io percepisco sono anche le sue
    Possiamo chiederci perché è così preoccupato di deluderci.
  • Mi chiedo cosa possa aiutarlo a prendere in mano la situazione.
    Ascoltare mio figlio con attenzione e serietà per aiutarlo a esprimere le sue paure.
  • Rassicurarlo: subire prepotenze non è una sua colpa.
    Aiutarlo a cercare le soluzioni per affrontare il problema.
    Trattenere il desiderio di affrontare io, tutto da solo, il problema, sostituendomi a lui, perché lo farei sentire inadeguato.

LE RELAZIONI PERICOLOSE

Può succedere che gli amici che i nostri figli scelgono non incontrino le nostre simpatie.
Prima di scagliarci contro il “nemico” è bene ricordare che gli amici come pure i fidanzati/e più sono criticati tanto più vengono difesi a spada tratta.
Se la loro scelta è ricaduta su certe persone è perché queste e solo queste sono in grado di soddisfare alcuni bisogni affettivi (anche in forme che non approviamo) che stanno emergendo nei nostri figli.

Dal diario di una mamma

Da quando ha iniziato le scuole medie l’ho vista cambiare in modo vertiginoso.
Da timida, riservata e un po’ impacciata si è andata trasformando in una ragazza aggressiva e prepotente.
Non passa giorno che non ci siano scontri su qualsiasi cosa: la scuola e il suo rendimento, l’ordine e la collaborazione in casa, l’orario di uscita e di rientro.
È veramente faticoso.
L’altro giorno, dopo l’ennesima lit conclusasi malamente, non ho resistito e sono andata a sbirciare il suo diario segreto, per cercare di capire cosa mai le stesse succedendo.
Sapevo di non doverlo fare, ma ero disperata.
Dopo aver letto le prime pagine mi sono sentita morire.
Chi stava scrivendo, chi stava dicendo quelle cose così dure e anche volgari nei confronti di una compagna?
Ma non si trattava solo di invettive, anche se solo queste erano bastate a farmi raggelare il sangue.
Stava organizzando una spedizione punitiva, insieme alle sue amiche del cuore, contro una compagna considerata colpevole di piacere a un ragazzino che le interessava.
Ho chiuso il diario e ho cominciato a piangere.

Le nostre emozioni

  • Mi fa paura l’aggressività di mia figlia.
  • Mi sembra di aver allevato un mostro.
  • Quando e come è successo questo suo cambiamento improvviso?
  • Faccio fatica a non gridarle in faccia il mio disprezzo.
  • Non riesco a trovare punti di contatto con questo suo modo di pensare e di essere.
  • Che cosa le sta succedendo? Perché è così piena di rabbia come se avesse subito un torto gravissimo?

I modelli con cui i ragazzi si confrontano danno valore positivo alla furbizia, alla prepotenza, all’arroganza.
È vincente chi non si fa troppi scrupoli per arrivare al risultato voluto.

Che cosa fare?

  • Devo cercare di non farmi prendere dalla mia emotività.
  • Ho bisogno di prendermi un po’ di tempo per pensare che cosa mi sta dicendo mia figlia con questi atteggiamenti da “dura”.
  • Io non sono molto battagliera. Non penserà che io sia una perdente?
  • Suo padre, senza volerlo, loda quelli che hanno il coraggio di “non guardare in faccia” nessuno quando vogliono ottenere qualcosa.
  • Interrogarmi e riflettere su:
    – vorrà che suo padre sia fiero di lei?
    – che modelli siamo io e suo padre per lei?
    – che tipo di persone ammiriamo io e suo padre?
  • Ho bisogno di confrontarmi con mio marito/il mio compagno.
  • Potrei confrontarmi con i genitori della sua migliore amica.
  • Chiedo aiuto.

Dietro atteggiamenti aggressivi spesso si nasconde una grande fragilità.
I ragazzi a questa età non accettano di avere debolezze e il conflitto che ne nasce può generare una grande rabbia.
In questa fase non è semplice riconoscere e dare un nome all’arcobaleno di emozioni.
Spetta agli adulti aiutarli in questo difficile compito.
Possono essere i genitori, ma anche altre figure di cui i nostri figli si fidano, come gli zii, altri genitori o un’insegnante.
È importante non vivere sentimenti di gelosia verso gli amici che sono diventati i loro interlocutori privilegiati al posto nostro.
Anzi dobbiamo aprirci e confrontarci con questi amici ed essere attenti e accoglienti nei loro confronti in modo da offrire ai nostri figli un modello costruttivo dell’idea che “l’unione fa la forza”.